Bisogni reali e bisogni fittizi.
Anche se, in questi articoli, non amo particolarmente esprimermi usando la prima persona singolare, qui lo devo proprio fare. E così, se proprio devo dare una risposta diretta, secca, senza fronzoli, senza distinguo e senza precisazioni, questa è la mia risposta al quesito posto nel titolo: i video devono essere orizzontali.
L'onestà intellettuale richiede che le tesi debbano anche essere dimostrate, non solo dichiarate. Qui, il tema, pur se la formulazione può sembrare davvero effimera o banale, è piuttosto complesso e credo siano utili ancora delle riflessioni introduttive.
Così, per risolvere l’interrogativo può anche essere d’aiuto trovare la risposta a quest’altra questione: preferiamo conformarci alle caratteristiche “tecnologiche” degli strumenti e degli oggetti che “utilizziamo”, oppure preferiamo che essi siano adeguati alle nostre tipicità, alle nostre caratteristiche biofisiche, alle nostre reali esigenze?
È proprio una bella domanda, che può davvero essere applicata a tutti i campi della nostra vita di umani.
Sicuramente, avrete risposto affermando di non voler essere un oggetto, una sorta di inconsapevole marionetta, “nelle mani” dei “propri” oggetti, ed anzi, di considerare lo strumento come un qualcosa che deve agevolare e facilitare le nostre attività e le nostre funzioni quotidiane. Infatti, tanto più saprà conformarsi alle nostre “specifiche di umani”, tanto più il valore di un attrezzo, di un apparecchio, di un congegno, di una macchina, sarà considerato di alto livello. Del resto, gli strumenti che portano evoluzione positiva sono proprio quelli che nascono per soddisfare un nostro bisogno e non quelli nati per soddisfare bisogni fittizi e creati ad arte per giustificarne l’esistenza.
L’isola dei calvi.
A proposito dei bisogni creati artificiosamente, una metafora bizzarra e, spero, divertente, è rappresentata dall’isola dei calvi, un luogo dove tutti nascevano senza capelli ed anzi, non sapevano nemmeno cosa fossero i capelli. Vivevano gioiosi e liberi e, nelle acque calde e cristalline che circondavano l’isola, si dedicavano con divertimento e passione al nuoto e alle immersioni.
Ebbene, un giorno, su quell’isola approdò un velista, trascinato lì da una tempesta. Di professione, nel suo lontano paese, faceva il parrucchiere e, siccome non vi era modo di riparare la barca per fare ritorno nella sua terra, dovette rimanere sull’isola. Tutto sommato si trovava bene, le persone erano cordiali, accoglienti e rispettose ed anzi, lo guardavano con una certa compassione, per quello strano “difetto” dovuto alla “folta peluria” del suo capo. Il nostro naufrago era davvero afflitto perché non poteva più svolgere la sua attività abituale. Di quella professione aveva una grande competenza e per essa nutriva anche una grande passione. Insomma, aveva proprio bisogno di nuovi clienti e così decise di procurarseli. Si diede molto da fare. Studiò con cura e attenzione la flora locale finché, con le radici e le foglie di alcune erbe che crescevano solo in quell’isola, creò una sorta di infuso o di magico decotto, capace di far crescere i capelli.
Per attirarsi ancor più le simpatie dei locali lo distribuì gratuitamente, promuovendolo come antidolorifico per l'emicrania che, talvolta, colpiva gli isolani che esageravano nelle immersioni più profonde. Fu così che, in breve, poté riprendere la sua professione. Dopo poco tempo sull’isola nessuno era più calvo, né soffriva di emicrania.
Ma davvero, come nelle fiabe che si rispettano, vissero tutti felici e contenti? Insomma... Il naufrago-parrucchiere si arricchì, grazie anche alla vendita di pettini, spazzole, e altri accessori e prodotti per l’igiene dei capelli. Gli isolani, un po’ alla volta si adattarono a quella strana peluria e si sottoposero, di stagione in stagione, alle nuove pettinature, caratterizzate anche da strabordanti creste e treccine di mille colori.
E, come mai avevano fatto, iniziarono anche a dedicarsi ai selfie, ritraendosi con quelle acconciature più trendy e più improbabili, ma sapientemente orchestrate e rinnovate dal nostro ex-naufrago.
In realtà, si trovarono “invasi” da un aspetto per cui mai, nella loro vita, avevano provato un reale bisogno ed anzi, dovettero addirittura abbondonare la loro attività sportiva preferita. Il nuoto, infatti, mal si conciliava con quelle nuove capigliature.
Dato che non sono necessarie altre spiegazioni, perché avrete senz’altro colto la morale della bizzarra storiella, entriamo – finalmente direte voi – nella questione tecnica.
Fuor di metafora: le considerazioni oggettive.
Cominciamo dal cosiddetto rapporto d’aspetto delle immagini, traduzione letterale dell'inglese “aspect ratio”, la cui traduzione più appropriata è proporzioni. Questo termine, nel settore audiovisivo, si riferisce alle proporzioni di uno schermo o al sensore di immagini presente all'interno di fotocamere o videocamere.
Del resto, lo schermo cinematografico prima, e quello del televisore in seguito, sono stati concepiti per offrire alle immagini una determinata proporzione caratterizzata da un’estensione orizzontale maggiore, rispetto a quella verticale.
Per quale motivo? Forse per esigenze costruttive? Per ottimizzare al meglio gli spazi ambientali? O forse per adeguarsi ad una qualche moda dei tempi che, per qualche bizzarra allegoria filosofica, proponeva, per la visualizzazione delle immagini, la loro estensione orizzontale? Nulla di ciò.
Semplicemente, si era partiti dalla volontà (o logica necessità) di adeguare lo strumento alle caratteristiche fisiologiche dell’utilizzatore: l’essere umano e, in questo caso, dell’occhio, della visione.
Partendo, dunque, dallo studio del campo visivo umano e, in particolare di quello totale, determinato dalla combinazione di entrambi gli occhi, si è potuto determinare che viene coperta un’area di 200°-220° orizzontali e 130°-140° verticali.
La logica delle asserzioni consente di dimostrare la tesi: i video devono essere orizzontali.
Perché, allora, siamo invasi dai video verticali che, quando appaiono giornalmente sui canali televisivi, non solo dimostrano tutta la loro inadeguatezza, ma coprono, mediamente il 30% dell’area di visualizzazione, lasciandone inutilizzato il 70%?
Probabilmente la “conversione alla verticalità” è stata via via indotta dai condizionamenti subiti, più meno consapevolmente e più o meno passivamente, dal legame sinergico smartphone-social media.
Poteva mancare il formato quadrato?
Come siamo arrivati a questo punto? Probabilmente perché lo smartphone, nato come evoluzione del telefono (l’antica cornetta), e concepito, nell’atto della comunicazione verbale, per adattarsi alla fisiologia del nostro corpo, è caratterizzato da un assetto verticale. Ciò perchè orecchio e bocca, che ci servono per parlare ed ascolare, si trovano proprio su un asse "verticale".
Nel corso del tempo si sono poi aggiunti tanti altri fattori: semplificazioni degli sviluppatori delle app, continue contaminazioni dei social media, notevole incremento del rapporto altezza/larghezza degli smartphone. Tutto ciò ha contribuito a rafforzare la verticalità dei dispositivi, estendendone l’uso verticale anche a situazioni inadatte.
Del resto, questa sorta di alterazione, ha condizionato a tal punto le abitudini degli utenti, in particolare di quelli più inclini ad una conformazione passiva (produttori o fruitori di video che siano), tanto che il modello della rappresentazione dei video si è decisamente alterato. Così si sono moltiplicati e diffusi, come in una caotica Babele, diversi formati verticali caratterizzati da rapporti leggermente diversi, finanche – e poteva mancare? - a partorire un formato quadrato.
Chissà? Forse tra non molto si diffonderanno anche le tv verticali, le sale cinematografiche saranno estese in verticale, tanto da assomigliare a delle torri? E forse nei teatri, gli attori, obbligati ad impegnare il nuovo palcoscenico, rigorosamente verticale, saranno costretti a volare, magari calzando il flyboard di Franky Zapata?
Ora però, in attesa che tutto ciò accada, prima di fare un video, spendiamo solo qualche secondo per riflettere su quale sarà il suo utilizzo. Se consideriamo che potrà essere fruito anche alla televisione, ruotiamolo quel nostro smartphone: bastano solo 90°, davvero uno sforzo minimo, e facciamo una bella ripresa orizzontale.